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Insegnante: Chiara

Riassunto

Il poeta

In poche parole

Nel corso dei secoli, la poesia ha ricoperto un ruolo sempre diverso mano a mano che la società evolveva e conseguentemente anche la figura del poeta ha cambiato la sua funzione. Da essere ritenuto un individuo dal compito sacro, è diventato un reietto, ha attraversato fasi in cui si occupava di sentimenti personali e altre in cui veicolava ideali e valori collettivi.  Gli stessi poeti hanno riflettuto sul loro compito e sul loro ruolo nella società, e su come si sia trasformato insieme a essa.



1. Il poeta nell'antichità

Nel mondo classico la figura del poeta era molto importante: era colui che con il suo intuito, la sua capacità di vedere oltre le cose e raccontarle, metteva in comunicazione umano e divino; per questo, quasi al pari di un indovino, era considerato tenutario della verità e si faceva carico dei valori della sua comunità per trasmetterli alle generazioni successive, diventando così immortale. E proprio sul tema della poesia che rende eterni riflettono sia Catullo che Orazio, il primo augurandosi che chi verrà dopo di lui leggerà le sue poesie, il secondo invece esplicitando la consapevolezza di aver creato qualcosa di imperituro attraverso la sua poesia.



2. Charles Baudelaire: il poeta è un albatro

La società cambia, i miti invecchiano, e la Parigi ottocentesca, dominata dalle logiche borghesi di guadagno, in cui vive Charles Baudelaire, è molto diversa dal mondo dei poeti classici. Quella del poeta non è più quindi una figura sacra, è piuttosto quella di un reietto incompreso, la cui sensibilità fuori dal comune non è una qualità, ma un intralcio nella società industriale che si sta consolidando. Nella poesia L'albatro, Baudelaire parla proprio di questo: egli paragona il poeta a un uccello nobile e maestoso quando vola tra i cieli tempestosi - e dunque quando si muove tra le difficoltà e le profondità della condizione umana -, ma che che diventa goffo e impacciato quando non è più nel suo elemento, quando deve camminare sulla terraferma ed è circondato da banalità quotidiane e persone che non capiscono la sua grandezza.



3. Giovanni Pascoli: il poeta è un fanciullo

Quella di Giovanni Pascoli alla fine dell'Ottocento non è solo una riflessione sulla figura del poeta, ma è anche un'esortazione: il poeta è la "voce fanciulla" della società, quella che è in grado di vedere la realtà che lo circonda con occhi sempre nuovi e facendo attenzione alle piccole cose che gli altri danno per scontate; il poeta è in contatto con il suo bambino interiore e per questo riesce a stupirsi e a provare sentimenti sia immediati che profondi. Anche per questo, per la sua poesia l'autore si avvale di un linguaggio semplice e comprensibile.



4. Aldo Palazzeschi: il poeta è un saltimbanco

La ricerca dell'identità e le avanguardie che caratterizzano il Novecento influiscono anche sulla riflessione riguardo al ruolo del poeta nella società. Nella società di massa che si sta affermando, nella quale la poesia ha un ruolo sempre più marginale, Aldo Palazzeschi non riesce a vedere il poeta come un grande artista dalla spiccata sensibilità, men che meno come un vate che porta avanti nella sua opera i valori di una nazione: nelle poesie Chi sono? e E lasciatemi divertire egli riconosce al poeta la funzione di saltimbanco, di pagliaccio che, se non può più essere rilevante, può almeno essere divertente, ironico e provocatorio.



5. Giuseppe Ungaretti: il poeta è un profeta

Con l'avvento della Grande Guerra, il discorso collettivo si focalizza ancora una volta su tematiche profonde ed esistenziali. È in questo contesto che Giuseppe Ungaretti iscrive la figura del poeta come quella di un individuo che ha il compito di tuffarsi da solo negli abissi più profondi della realtà e della condizione umana, con il compito di tornare in superficie per raccontare al mondo quello che ha scoperto. In questo senso, il suo ruolo è quello di un profeta: solo lui è in grado di gettare luce sui misteri dell'esistenza, e la sua missione non ha mai fine proprio perché non c'è limite ai meandri da esplorare. La poesia torna, così, a essere eterna.



6. Eugenio Montale: il poeta non ha risposte

Su un fronte completamente opposto si pone Eugenio Montale. Come scrive in Non chiederci la parola, il lettore non può pretendere che il poeta abbia tutte le risposte alle sue domande, che gli fornisca verità assolute sul mondo. Tutto quello che il poeta può fare è dare una visione parziale, talvolta scarna delle cose; l'unica consapevolezza del poeta riguarda quello che non è, quello che non vuole, ed è la stessa che il lettore dovrebbe avere, stando attento a diffidare da chi non si pone mai domande.



7. Wislawa Szymborska: il poeta è un sostegno

Con apparente leggerezza e molta ironia, la poetessa Wislawa Szymborska afferma che la poesia non piace quasi a nessuno. Per rispondere alla necessità di capire quale sia il ruolo della poesia, e dunque del poeta, nella società, nel testo Ad alcuni piace la poesia Szymborska opera per esclusione: la conclusione che ne trae è che la poesia è un sostegno che il poeta deve fornire a chi lo desidera.

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FAQ - Domande frequenti

Perché per Palazzeschi il poeta è un saltimbanco?

Cos'è la poetica del fanciullino di Pascoli?

Chi è il poeta per Baudelaire?

Come era considerato il poeta nel mondo classico?

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