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Wittgenstein e il Circolo di Vienna

Wittgenstein e il Circolo di Vienna

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Insegnante: Elisabetta

Riassunto

Wittgenstein e il Circolo di Vienna

​​In breve

Wittgenstein ha lasciato una notevole traccia nella filosofia contemporanea. Egli ha innovato nel campo della logica e ha contribuito a porre al centro dell'attenzione l'indagine sulla natura del linguaggio. Wittgenstein influenzò lo stesso Circolo di Vienna, un gruppo filosofico e culturale organizzato da Moritz Schlick nel 1922 e animato da numerosi filosofi e scienziati del tempo.



La vita

Ludwig Wittgenstein nacque a Vienna il 26 aprile del 1889, da una ricca famiglia ebrea. Dopo la laurea in ingegneria meccanica, si trasferì in Inghilterra a Manchester per specializzarsi in ingegneria areonautica. In questo periodo sviluppò l'interesse per la matematica pura e lo studio dei fondamenti. A Cambridge, egli elaboro le tesi contenute nel Tractatus logico-philosophicus (1921). Attraverso quest'opera, Wittgenstein voleva stabilire l'idea di un rigoroso linguaggio scientifico, privo di ambiguità.



Il primo Wittgenstein 

La prima e più famosa opera di Wittgenstein è il Tractatus, con il quale intende confutare la tradizione metafisica per partire da una solida teoria del significato. Infatti, tutte le proposizioni metafisiche sono, per il filosofo analitico, prive di significato. A partire da questo assunto, il compito della filosofia sarà costruire un puro linguaggio scientifico che consenta di produrre proposizioni che hanno a che vedere con il significato e non con l'assoluto, la religione, l'idea di sostanza.  


Le proposizioni semplici

I fatti possono essere espressi in proposizioni semplici, ossia delle asserzioni osservative che esprimono un dato sensoriale, come la frase "la penna sul tavolo è nera". Il fatto espresso da questa proposizione non ha un valore assoluto ma corrisponde a un certo posizionamento della penna sul tavolo e al suo colore. È dunque la corrispondenza all'osservazione che consente di affermare la verità di una proposizione semplice.


La concordanza con la realtà

Una proposizione è vera se corrisponde a un dato osservativo, dunque l'immagine linguistica del mondo non fa altro che raffigurare la realtà. Ne consegue che le proposizioni non possono essere definite vere o false indipendentemente dalla realtà. Inoltre, Wittgenstein sostiene che le uniche proposizioni dotate di significato siano quelle della fisica, poiché sono quelle che si riferiscono ai fatti e al mondo. 


Obiettivo della filosofia (primo Wittgenstein)

La filosofia deve mappare il territorio del linguaggio, definendo i confini e stabilendo ciò che si può dire e ciò che non si può dire: bisogna eliminare tutto ciò che non ha alcun significato. Di conseguenza, la filosofia non ha proposizioni proprie, ma ha il compito di chiarire le altre proposizioni. Tra le discipline che per Wittgenstein non hanno significato si trovano la metafisica, l'etica e anche la matematica. 


La relazione tra pensiero e mondo non può essere rappresentata

Secondo Wittgenstein, per quanto il linguaggio sia specchio del mondo, la relazione tra linguaggio e mondo non può mai essere rappresentata. Più specificatamente, il linguaggio è come una mappa che aiuta a capire il sistema del territorio che illustra, ma essa non può mai essere confusa con il territorio vero e proprio. Dunque, la relazione tra parole esprime la relazione fra cose, per quanto le parole e le cose siano appartenenti a dimensioni differenti. In conclusione, non è possibile rappresentare ciò che il linguaggio ha in comune con la realtà senza dar vita a un'altra rappresentazione.


Questo perché:


  • Il linguaggio raffigura i fatti che descrive.

  • Le immagini linguistiche sono anch'essi fatti.

  • Ogni fatto è indipendente dall'altro, per cui non esistono dimostrazioni di nessi causali logicamente fondate.

  • Ne consegue che la connessione fra mondo e linguaggio non è mai dicibile.



Il secondo Wittgenstein

Nelle Ricerche filosofiche, Wittgenstein abbandona l'idea di un linguaggio rigorosamente fondato e scientifico, e si dedica invece allo studio dei "giochi linguistici" nelle loro applicazioni più disparate, comprese quelle del linguaggio comune. 


Gioco linguistico

Con gioco linguistico, Wittgenstein intende affermare il fatto che nella comunicazione umana si usano varie forme di linguaggio, a seconda del contesto in cui ci si trova. In base al contesto e alle sue regole, parole ed espressioni sono utilizzate in modo differente. Di conseguenza, egli sostiene che il linguaggio è simile al gioco, nel senso che è una pratica comunicativa di cui bisogna conoscere le regole. 


Il significato delle parole

Secondo il filosofo analitico, il significato delle parole si ricollega al loro uso. Questa concezione del linguaggio è diametralmente opposta a quella proposta nel Tractatus. Qui, infatti, non si pensa più alla corrispondenza tra fatti e linguaggio perché il significato di una parola può essere colto soltanto all'interno del gioco linguistico a cui appartiene. Il linguaggio, inoltre, non può limitarsi a descrivere cose poiché molti usi di parole, come ad esempio i saluti, le esclamazioni, i comandi, non hanno lo scopo di descrivere il mondo. 


Il linguaggio scientifico è uno tra i possibili

Wittgenstein ribalta la sua visione di linguaggio scientifico, ossia arriva a stabilire che il linguaggio scientifico è solo uno dei molti possibili ed è praticabile in misura molto ridotta, cioè quella degli specifici giochi linguistici che chiamiamo logica e fisica. Segue che è impossibile stabilire la fondatezza di una proposizione se non si conosce il gioco linguistico in cui è stata pronunciata. 


Il ruolo della filosofia (secondo Wittgenstein)

Nell'ultima fase del suo pensiero, Wittgenstein presenta la filosofia come una disciplina avente due caratteristiche. In primo luogo, essa concentra in sé tutti gli errori del linguaggio, e quindi del pensiero, prodotti nei secoli. In secondo luogo, essa è lo strumento che però aiuta a liberare l'umanità da errori e contraddizioni. Quindi, la filosofia dovrebbe aiutare gli uomini a liberarsi di lei. 



Il circolo di Vienna

Riprendendo le lezioni del primo Wittgenstein, il Circolo di Vienna elabora una riflessione sul linguaggio di stampo neopositivista e neoempirista, allo scopo di costruire un linguaggio scientifico universale che abbia come punto di partenza il riferimento ai dati, siano essi condizioni reali o enunciati linguistici.


Neopositivismo

Esso si contraddistingue come un orientamento epistemologico che mira all'unificazione delle scienze, attraverso il metodo dell'analisi logica delle proposizioni. Tale metodo sancisce la sensatezza dei soli assunti esprimibili con rigore logico-scientifico, enunciando l'insensatezza delle proposizioni metafisiche. Dall'empirismo si ricava l'idea di una sistematizzazione e unificazione del linguaggio scientifico, che prescinda da assunti metafisici.


I principali esponenti del Circolo di Vienna


La posizione fenomenista di Schlick
Sulla base di un approccio corrispondentista, sostiene che il linguaggio si debba fondare sul dato fenomenico immediato.

La posizione fisicalista di Neurath

Sulla base di un approccio coerentista, sostiene che il linguaggio non possa mai riferirsi alle cose e che dunque la verità di una proposizione dipenda dalla coerenza con altre, che la precedono.

La teoria dei protocolli di Carnap

Egli cerca di conciliare i due punti di vista precedenti, sostenendo che i protocolli siano proposizioni derivanti immediatamente dai dati del mondo, ossia dall'esperienza. Tali proposizioni sono sempre verificabili, secondo il criterio della corrispondenza alla realtà. Al contrario, il linguaggio entro cui si inseriscono tali proposizioni è sempre convenzionale.
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Che cos'è il Neopositivismo?

Qual è il compito della filosofia del "primo Wittgenstein"?