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Insegnante: Elisabetta

Riassunto

Schopenhauer

​​In breve

La tesi principale proposta da Schopenhauer sostiene che il mondo è una rappresentazione umana, dove il fenomeno è pura apparenza e la cosa in sé coincide con la volontà. L'umanità può sottrarsi a questa forza irrefrenabile attraverso l'ascetismo, ossia negando ogni atteggiamento attivo.


Filosofia; Il superamento dell'idealismo; 5a superiore; Schopenhauer


La vita

Arthur Schopenhauer nacque a Danzica il 22 febbraio 1788. Nel 1811, si trasferì a Berlino per seguire le lezioni di Fichte, che però suscitarono in lui una profonda avversione. Nel 1818 a Dresda completò la sua opera più importante Il mondo come volontà e rappresentazioneanche se, in un clima fortemente influenzato dall'idealismo, suscitò ben poco entusiasmo. Nel 1820 tornò a Berlino come docente universitario ed ebbe un vivace scontro con Hegel. Alle sue lezioni, infatti, si presentavano pochi studenti: essi preferivano frequentare le lezioni di Hegel. Morì a Francoforte il 21 settembre 1860.



La conoscenza presuppone il principio di ragion sufficiente

L'opera vuole presentare una riflessione sul funzionamento della facoltà conoscitiva. Dunque, sicuramente in Schopenhauer si intravede la prospettiva di un criticismo kantiano: la filosofia indaga le dinamiche del conoscere e non la natura delle cose. La conoscenza presuppone il principio di ragion sufficiente. Quest'ultimo stabilisce che per ogni effetto deve esserci una causa. Gli esseri umani possono soltanto individuare ragioni sufficienti a posteriori, per spiegare perché in alcune circostanze si è verificato un determinato fenomeno.


Il principio di ragion sufficiente si applica ai giudizi

Come Kant, Schopenhauer afferma che il principio di ragion sufficiente si applica esclusivamente ai giudizi e che quindi non può individuare alcuna causa della realtà. Ciò che si definisce "mondo" è solo la rappresentazione umana che si è costituita del mondo: la conoscenza non può andare oltre la rappresentazione.


Il principio di ragion sufficiente deve essere specificato nelle sue diverse radici

Le radici o fonti del principio di ragion sufficiente sono quattro e concernono la conoscenza umana della realtà, ossia il modo in cui i fenomeni sono connessi tra loro. 


  • Il principio di ragion sufficiente del divenire, il quale riguarda le cause dei cambiamenti in atto nella realtà fisica e si applica a scienze come la fisica, la geologia e la chimica.

  • Il principio di ragion sufficiente del conoscere, usato in quel ragionamento che parte da delle premesse e trae una conclusione. Si applica alla logica e a quelle scienze classificatorie come la mineralogia, la zoologia e la botanica.

  • Il principio di ragion sufficiente dell'essere, riferito alle connessioni essenziali dell'essere, ossia ai nessi spazio-temporali, e si applica alla matematica.

  • Il principio di ragion sufficiente dell'agire, il quale si riferisce ai motivi delle azioni compiute dagli uomini. Si applica alla storia, alla psicologia e all'etica.


L'elemento formale e materiale

La conoscenza umana ha a che fare con le intuizioni empiriche definite "complete". Esse, infatti, sono costituite dall'elemento materiale e quello formale. L'elemento formale è lo spazio e il tempo, quello materiale è il nesso causa-effetto. Lo spazio e il tempo, così come afferma Kant, sono intuizioni pure, entro cui collocare la materia, costituita dall'elemento causale delle relazioni fenomeniche. Il mondo prende senso e ragion d'essere attraverso il congiungimento tra l'elemento formale e materiale .


Il principio della ragion sufficiente del divenire

La causalità per Schopenhauer è il modo in cui l'intelletto intuisce il mondo come rappresentazione fenomenica. Le cose ci appaiono in un certo spazio, tempo e rapporto di causa effetto con altre cose. La causa in Schopenhauer è un'intuizione dell'intelletto, quindi la sua azione è simile a quella di spazio e tempo. Il principio di causalità riguarda soltanto le dinamiche fenomeniche. Dunque, la causa del mondo, la sua natura più intima, resta sconosciuta perché esterna alle leggi della rappresentazione.


Il principio di ragion sufficiente dell'agire

L'ultima radice studia le leggi e le motivazioni che sono a fondamento degli atti di volontà. L'io è dato alla coscienza in modo immediato, non può confondersi con nessun oggetto e non può divenire oggetto. L'io non è rappresentabile, dunque è presente in una rappresentazione senza esserne l'oggetto. La forza agente del volere è il motivo: esso è conosciuto dal soggetto interno e in modo immediato. Schopenhauer afferma che la motivazione è la causalità vista dal di dentro.



Il mondo come volontà e rappresentazione

Nel principio di ragion sufficiente dell'agire accade una cosa diversa rispetto alle tre precedenti radici. Infatti, in questo caso se l'atto singolare di volontà (l'agire) si manifesta come fenomeno ed è riducibile a una qualche motivazione, la volontà in generale non si manifesta in un fenomeno ed è dunque impossibile risalire alla sua causa. Emerge così un'attenzione particolare alla volontà, che è approfondita nell'opera Il mondo come volontà e rappresentazione.


Il mondo è una rappresentazione personale

Schopenhauer presenta la propria riflessione, affermando di essere stato influenzato da Kant, in aperto contrasto con l'idealismo dominante. Le cose, allora, esistono nella misura in cui sono conosciute, dunque sono una rappresentazione del soggetto conoscente. La filosofia ha l'obiettivo di indagare il soggetto conoscente e i modi del suo conoscere. Di conseguenza, per capire come è costituito il mondo, è necessario comprendere in che modo il soggetto conosce il mondo. Soggetto e oggetto sono i due aspetti che costituiscono la rappresentazione.


Il mondo è la mia volontà

L'impressione generale è che la lettura del mondo come rappresentazione è un'astrazione arbitraria, unilaterale, e in questo modo qualcosa resta incompreso. Questo qualcosa appare essere il mondo stesso che si vuole rappresentare e il soggetto che lo rappresenta. Allora, è necessario non ridurre il mondo soltanto a rappresentazione, ma bisogna riconsiderare la nozione di volontà. Il mondo è la mia volontà, è l'altra faccia del mondo come rappresentazione.


La vita è un lungo sogno

Quando viene stabilito che il mondo è una nostra rappresentazione fondata sulle leggi dell'Io e di cui l'Io stesso non è soggetto, Schopenhauer si chiede come si possa distinguere la realtà dalla fantasia e dal sogno. Per Schopenhauer le connessioni interne alla vita e al sogno sono le medesime, anche nel sogno vi sono connessioni causali. L'unica differenza è che la vita è una connessione di lunga durata, appunto un sogno lungo. Essa, però, è illusoria quanto i sogni, ha soltanto una maggiore continuità e coerenza. 


Qual è la vera essenza del mondo e come può essere colta?

Per rispondere a tale domanda, Schopenhauer chiama in causa il corpo. Esso è allo stesso tempo oggetto della rappresentazione, ossia "oggetto fra gli oggetti" e ciò tramite il quale si entra in contatto con gli altri oggetti: esso perciò è anche rappresentazione immediata del soggetto. La rappresentazione del corpo serve per conoscere le altre cose e le precede. Poiché il corpo ci appartiene, gli esseri umani vivono il proprio corpo dall'interno, non limitandosi a vederlo come oggetto esterno. 


Il velo di Maya

Schopenhauer definisce la conoscenza del mondo come illusoria e ingannatrice: essa è Maya, il velo dell'illusione, che fa vedere ai mortali un mondo di cui non si può dire né che esista né che non esista, poiché è simile al sogno. Nell'esperienza corporea, però, si riesce a lacerare il velo di Maya, ossia l'illusione della rappresentazione, e a cogliere l'essenza del mondo, ovvero la volontà.


Tramite il corpo si coglie la volontà di vivere

Vi è qualcosa nel corpo che non emerge sul piano della rappresentazione e che ha che fare con i desideri, i dolori e i turbamenti: si coglie all'interno del corpo un impulso a esistere e ad agire; ogni atto corrisponde a un movimento del corpo di cui si ha un'immediata intuizione. Ogni piacere e ogni dolore sono favorevoli o contrari a una volontà di vivere che si avverte in sé. Ogni movimento di questa volontà di vivere si esprime nel corpo, al punto che volontà e corpo si identificano.


La volontà è una forza cieca che precede i fenomeni

Il corpo è dunque l'oggettivazione della volontà. Il mondo della volontà non è soggetto alle regole causali della rappresentazione, quindi è necessario stabilire cosa sia la volontà. Schopenhauer la definisce come una forza cieca e irrefrenabile, una pura volontà di vivere che esprime la vita che vuole per sé. Essa mette in atto un processo senza ordine, svincolato dal principio di causalità. La volontà è inconscia ed è al di qua dell'intelletto, coincide con una specie di impulso istintivo che accomuna l'essere umano ad ogni ente. La volontà, infatti, non è una caratteristica umana.


le CARATTERISTICHE DELLA VOLONTà


  • La volontà è il noumeno ("cosa in sé") diversa dal mondo come fenomeno, ovvero come rappresentazione.

  • La volontà è incondizionata, libera, indipendente rispetto alle leggi della causalità e ai principi della ragion sufficiente. Di conseguenza, la volontà, come forza libera e non razionale, estende la sua attività al mondo intero e non solo al soggetto come ente corporeo.

  • La volontà non è soggetta alla rappresentazione spazio-temporale della realtà. La volontà non ha un "qui" ed "ora", per questo motivo non è rappresentabile, mentre sono rappresentabili i suoi fenomeni, cioè i suoi effetti oggettivi e corporei. Dunque, la volontà si oggettiva e questa oggettivazione fenomenica può essere rappresentata. 

  • La volontà è un desiderio inestinguibile, cieco, fine a se stesso e governa il mondo senza uno scopo, se non la preservazione di sé. La volontà di vivere opera per perpetuare se stessa, in un ciclo interminabile e senza scopo di nascite e morti.

  • Proprio perché la volontà mira solo a perpetuarsi con ogni mezzo, essa si manifesta come dolore, un dolore del vivere che accomuna ogni cosa. Il mondo è pervaso da una continua e lacerante lotta che rende ogni essere schiavo della volontà di vivere e incapace di opporvisi.



Differenze tra Kant e Schopenhauer

Per Kant, il fenomeno è il modo in cui la realtà si presenta agli umani, esso è oggettivo ed è distinguibile dall'immaginazione. Per Schopenhauer il fenomeno è pura apparenza, illusione e nulla lo distingue dal sogno se non la durata. Inoltre, per Kant, il noumeno è inconoscibile, mentre per Schopenhauer, il noumeno è ciò che si nasconde dietro il fenomeno ed è, in linea di principio, conoscibile.



Il dolore e la noia

Poiché la volontà è una forza indifferente all'umanità e il suo impulso cieco è destinato a riprodursi all'infinito, la vita non è altro che sofferenza. Nell'oscillazione tra un dolore e un altro, prevale la noia, il vuoto di senso dell'esistenza.


Dolore
È la condizione stessa dell'esistenza, governata dal cieco impulso della volontà. Il desiderio è tensione verso qualcosa che manca e che è destinato a restare perennemente insoddisfatto. Il piacere non è altro che la pausa tra due dolori. A causa della consapevolezza della condizione di dolore, l'esistenza umana è peggiore di quella di ogni altro essere vivente.

Noia

Il piacere, che è sempre piacere tra due sofferenze, produce la noia, cioè lo svuotamento di significato, conseguente al breve appagamento. La noia riguarda la classe dei benestanti che eccedono nelle soddisfazioni, fino a esserne annoiati.


Le vie di fuga dalla volontà

Se il mondo è dolore, dal mondo si deve fuggire. Schopenhauer indica tre vie di fuga dal mondo: arte, etica e noluntas. Di queste, soltanto l'ultima è davvero efficace e definitiva.


Arte
Essa corrisponde alla contemplazione disinteressata delle forme universali (le idee) o, nel caso della musica, della volontà stessa prima che essa si individualizzi nel mondo della rappresentazione. Per questa ragione è una via di fuga dal dolore del mondo, ma è soltanto momentanea.

Etica

L'atteggiamento etico consiste nella compassione, cioè nella consapevolezza di partecipare, insieme ad altri esseri umani, al dolore di vivere. Anche l'etica è una via di fuga dalla volontà dall'esito parziale, poiché non consiste in una vera e propria rinuncia alla vita.

Noluntas

È il non volere, l'unica radicale via di fuga dalla volontà. Corrisponde al sentirsi indifferenti al piacere e al dolore di vivere, rinunciando al desiderio. Si tratta di una forma di ascesi, molto vicina a quella praticata dalle religioni orientali, nelle quali ci si distacca dal mondo, raggiungendo uno stato di imperturbabilità (nirvana).

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FAQ - Domande frequenti

Qual è l'obiettivo della filosofia di Schopenhauer?

Che cos'è la noluntas?

Perché la conoscenza del mondo viene paragonata al velo di Maya?

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