Hegel

In breve

Hegel rappresenta il culmine del movimento filosofico tedesco, cominciato con Kant. Benché Hegel critichi fortemente la filosofia kantiana, il suo sistema filosofico non sarebbe mai potuto emergere se Kant non fosse esistito. Per lui l'assoluto è mediazione, ovvero passaggio attraverso tesi, antitesi e sintesi. La filosofia stessa è concepita da Hegel come un percorso da affrontare coscientemente, mediante le tappe di una simile evoluzione.

Filosofia; Illuminismo e idealismo romantico; 4a superiore; Hegel

La vita

Georg Wilhelm Friedrich Hegel nacque a Stoccarda, il 27 agosto 1770. Nel 1788 si iscrisse all'Università di Tubinga per studiare teologia. Nel 1801 si trasferì a Jena, centro attivo dell'idealismo e del romanticismo, dove lo attendeva Schelling. Grazie a quest'ultimo, Hegel conobbe Goethe, con cui stringerà un legame duraturo negli anni. Nel 1807 pubblicò la Fenomenologia dello spirito, rompendo il sodalizio con Schelling. Nel 1829 fu nominato rettore dell'Università di Berlino, apice della sua carriera accademica. Morì il 14 novembre 1831, vittima del colera.

Le critiche a Kant, Fichte e Schelling

Hegel, attraverso lo scritto La differenza fra il sistema filosofico di Fichte e quello di Schelling (1801), si concentra sul contrasto tra l'idealismo oggettivo di Schelling e le varie forme di idealismo soggettivo che da Kant arrivano fino a Fichte. Hegel si avvicina al pensiero di Schelling, affermando che il compito della filosofia è superare le contraddizioni del sapere e tendere all'unità.

L'errore di Fichte

Secondo Hegel, l'errore di Fichte e in parte di Kant, è aver distinto soggetto e oggetto, dopo aver posto l'unità indissolubile dell'Io. Fichte ha postulato, contro il dogmatismo dell'oggetto, il dogmatismo del soggetto, proponendo la condizione dell'identità come un possibile ideale da raggiungere all'infinito. Tale tendenza all'infinito però è irraggiungibile: la tendenza tra finito e infinito, tra soggetto e oggetto si è stabilita senza essere posta in modo conclusivo.

Schelling: il filosofo dell'identità

Schelling, invece, è colui che postula l'unità dell'identità poiché, nella sua filosofia, essere e pensiero si fondono nell'assoluto. Per questo motivo, si può considerare l'idealismo oggettivo di Schelling ciò che permette di superare l'idealismo soggettivo fichtiano. Allo stesso tempo, in una fase più matura, Hegel compie un successivo distacco anche da Schelling. Nella Prefazione alla Fenomenologia dello Spirito, Hegel critica l'assoluto schellinghiano, inteso come unità indifferenziata del tutto. Hegel scrive: «spacciare il proprio assoluto per la notte in cui, come si suol dire, tutte le vacche sono nere, è l'ingenuità dovuta alla vacuità della conoscenza». Quella di Schelling è una filosofia vacua e ingenua perché non in grado di cogliere le differenziazioni interne all'assoluto, in cui tutto finisce per essere indistinto.

Le critiche a Kant

Come Fichte, Hegel rimprovera Kant di aver costituito una forma incompiuta e formalistica di idealismo. L'io kantiano, infatti, è formale e non sostanziale, perciò il mondo resta distinto e separato da esso. Hegel riconosce a Kant il merito di aver sostenuto che la conoscenza possibile si realizzi soltanto nella prospettiva dell'Io, allo stesso tempo, però, l'idealismo kantiano rimane incompiuto. Kant, inoltre, sembrerebbe non aver inteso il compito vero della filosofia. La prospettiva kantiana si limita a enunciare le premesse del filosofare, studiando esclusivamente i limiti della ragione. Al contrario, per Hegel, la filosofia deve andare a caccia dell'assoluto e non può limitarsi alle premesse.

Schema riassuntivo delle critiche hegeliane

Fichte	Schelling
Ha tenuto distinti soggetto e oggetto, ponendo la loro identità come tendenza e non come realtà.	Ha sviluppato una filosofia dell'identità tra soggetto e oggetto.
Ha relegato l'identità tra soggetto e oggetto a una tensione irrisolta all’infinito.	Ha descritto un'identificazione vuota e ingenua, in cui si disperde ogni opposizione dialettica e tutto diventa uguale e distinto.
Quindi Fichte ha descritto una "cattiva infinità”.	Quindi l'assoluto di Schelling è come la "notte in cui tutte le vacche sono nere".

La filosofia hegeliana

Essa ha come oggetto la verità assoluta, identificata con il "tutto", ovvero con lo sviluppo pieno e articolato dell'assoluto. Compito della filosofia è la comprensione dello sviluppo dialettico dell'assoluto in tutte le sue parti. La filosofia deve comprendere tutti i passaggi che l'assoluto compie e durante le quali l'assoluto si modifica, diventa altro da sé per poi recuperare la propria identità. La filosofia di Hegel, dunque, concerne un soggetto o spirito che si sviluppa in un processo, dove non è tutto dato oggettivamente dall'inizio.

I punti principali della filosofia hegeliana

La realtà è espressione dell'assoluto.

La condizione d'essere dell'assoluto è il divenire: Hegel definisce l'assoluto come soggetto e non come oggetto perché dinamico e mobile.

La struttura del divenire con cui l'assoluto si determina è la dialettica.

Poiché la dialettica è razionale, anche il mondo è razionale.

La verità è lo sviluppo dell'assoluto, quindi può essere colta solo alla fine dello sviluppo dell'assoluto, come comprensione della totalità.

L'unico approccio scientifico al vero è la speculazione sistematica, ovvero l'organizzazione di un sistema dialettico delle scienze, a partire dall'idea di assoluto.

Tesi, antitesi e sintesi

La natura dell'assoluto è divenire, dove il movimento è originario, appartiene alla dimensione stessa dell'essere e non è indotto dall'esterno. La dialettica descrive lo sviluppo dell'assoluto, inteso come unione di realtà e pensiero.

Le fasi della dialettica hegeliana: tesi, antitesi e sintesi

Tesi	È il momento astratto intellettivo che pone la condizione dell'essere in sé, immediato.
Antitesi	È il momento negativo, attraverso cui si estrinseca la condizione dell'essere per sé o fuori di sé.
Sintesi	È il momento in cui la negazione viene negata a sua volta, consentendo il superamento della tesi, dell'antitesi e della loro opposizione. La sintesi è il momento del ritorno in sé, che tiene conto della condizione del per sé: è dunque la condizione dell'in sé e per sé.

La Fenomenologia dello Spirito

È una delle opere più importanti di Hegel, essa può essere considerata una cronaca di viaggio, ovvero il percorso che compie la coscienza alla conquista di se stessa. La Fenomenologia è anche un romanzo di formazione che racconta un percorso di crescita, costellato di prove da superare, dall'infanzia alla maturità. L'opera, in generale, descrive in che modo la coscienza assuma piena maturità, mediante un percorso formativo di fortificazione e consapevolezza. Essa consiste in un viaggio iniziatico verso la verità: tale viaggio viene paragonato da Hegel alla via Crucis.

L'io e il fenomeno

Secondo Hegel, la coscienza non può essere compiuta in sé, non basta cioè a se stessa ma ha bisogno dell'altro. La coscienza infatti coincide con il desiderio: l'altro da sé desiderato dalla coscienza deve essere a sua volta desiderante e umano. Oggetto della Fenomenologia è il phainómenon (dal greco "ciò che appare") ossia l'altro da sé rispetto alla coscienza. Il phainómenon è ciò che appare davanti al sé e con cui il sé deve rapportarsi. I due poli della contrapposizione, io e fenomeno, sono saldamente vincolati: la coscienza è sempre coscienza dell'altro, ovvero coscienza di qualche cosa. La Fenomenologia è dello spirito proprio perché Hegel afferma che il fenomeno è ciò che proviene dallo spirito, dunque non esiste altra realtà che quella spirituale. Più specificatamente, ciò che esiste è il soggetto come entità assoluta, nel suo determinarsi attraverso lo sviluppo dialettico.

La coscienza è la prima tappa della Fenomenologia

La coscienza si articola in tre momenti

Certezza sensibile	L'oggetto è colto nel qui ed ora, l'altro da sé è collocato nello spazio e nel tempo. Il soggetto non coglie quindi la verità della cosa, che è condizione universale, ma si limita a una conoscenza particolare. La precarietà del questo-adesso si sottrae a una conoscenza stabile e universale.
Percezione	Essa considera tutto dal punto di vista dell'universale, presupponendo un atto della coscienza che organizza i dati sensibili in forme unitarie. La cosa percepita non può essere colta come molteplicità e insieme come unità: una condizione esclude l'altra. Hegel qui affronta la controversia tra razionalismo ed empirismo, ovvero se si percepisce una molteplicità reale senza unità reale (bensì solo apparente) o un'unità reale senza alcuna unità del molteplice (che è solo apparenza).
Intelletto	Concepisce l'oggetto come qualcosa di costruito dal soggetto e distinto dalla sua essenza, che resta irraggiungibile (come in Kant). In questa condizione, il fenomeno non viene più rappresentato come un gioco di forze esterno rispetto alla coscienza, ma è ricondotto alla dimensione dell'interiorità. In questo modo il soggetto approda alla coscienza di se stesso, che diviene autocoscienza.

L'autocoscienza è la seconda tappa della Fenomenologia

Nell'autocoscienza, la coscienza smette di considerare il vero come qualcosa di esterno. In questa tappa, la coscienza deve ammettere l'esistenza di altre coscienze come oggetto del proprio desiderio: l'altro da sé dell'Io è un altro Io. La coscienza desidera l'altro da sé ma può appagare tale desiderio soltanto soffocando l'alterità dell'altro, ossia riducendolo alla propria autocoscienza, facendolo proprio. L'appropriazione è quindi tipica di ogni desiderio. Quando l'oggetto del nostro desiderio è un altro soggetto desiderante, la situazione è molto differente. Infatti:

Per appagare il nostro desiderio, dobbiamo cancellare l'altro come soggetto, riducendolo a oggetto.

Anche l'altro, in quanto autocoscienza, fa altrettanto.

Ma cancellando l'altro si cancella il senso della propria autocoscienza, che si basa proprio sul riconoscimento da parte dell'altro.

Questa lotta per il riconoscimento determina dunque una messa in pericolo della vita.

Il rapporto con l'altro sembra irrisolvibile

La soluzione a questa difficile situazione passa attraverso una successione di figure che manifestano sia il rapporto delle singole autocoscienze con l'altro da sé, sia il percorso storico che porta alla graduale consapevolezza dell'autocoscienza dell'umanità. In questo ultimo senso, le figure dell'autocoscienza descrivono l'evoluzione della fenomenologia tra l'antichità classica e il Medioevo cristiano.

L'antichità classica

All'antichità classica appartengono le figure della dialettica servo-signore, dello stoicismo e dello scetticismo. La prima figura analizza sia i rapporti sociali fra gli uomini all'interno del sistema economico servile antico (in Grecia e a Roma), sia il conflitto che si determina in ogni tempo, tra autocoscienze protese a conquistare l'altro. Il signore è colui che vince la paura della morte e riesce a sottomettere l'altra autocoscienza, così egli afferma la propria libertà, relegando l'altro al ruolo di servo. Quest'ultimo, invece, ha coscienza di sé come una realtà priva di autonomia, che dipende dal signore, definita dall'esistenza del signore stesso (il servo è schiavo di qualcuno). Il servo viene definito da Hegel come il medium, il mezzo con cui il signore accede al mondo, cioè al suo godimento: il servo lavora per produrre i beni di cui il signore ha bisogno.

Il servo si rende conto che in realtà è il signore a dipendere da lui e non viceversa

Se l'autocoscienza del signore richiede l'esistenza del servo, il servo possiede il signore molto più di quanto il signore non possieda il servo. Questa condizione, infatti, è definita dialettica, una lotta mortale dove nessuno ne esce vincitore. Per Hegel, il processo di liberazione del servo avviene mediante il lavoro: la paura della morte per la quale si è sottomesso, il servizio e il lavoro sono i momenti dialettici dell'assunzione della coscienza di sé del servo.

La filosofia stoica

La filosofia stoica vuole annientare il desiderio imposto dalla stessa natura. Egli vuole liberarsi da ogni impulso per affermare se stesso come pensiero. L'ideale stoico è quello di raggiungere l'atarassia, ossia l'assenza di passioni e il rifiuto del mondo come fonte di desiderio. Tuttavia, volendo raggiungere l'indifferenza dell'altro come condizione di realizzazione personale, lo stoico finisce per cancellare la libertà che vuole realizzare. Secondo Hegel, lo stoico compie un'astrazione che non si compie ancora in una negazione. Lo stoico cerca di sottrarsi al mondo ma il mondo continua ad essere presente, fuori di lui, come minaccia.

Lo scetticismo

Lo scetticismo antico cerca di realizzare concretamente ciò che lo stoicismo ha fatto solo in astratto, ovvero nega la realtà. Ma lo scettico che nega il mondo finisce per negare se stesso, poiché negare la percezione del mondo significa negare la validità stessa del pensiero che lo pensa.

Il Medioevo

La coscienza infelice è tipica del cristianesimo medioevale, in cui vi è lo sdoppiamento in sé della coscienza proposta nella forma del conflitto tra mutevole e immutabile, tra uomo e Dio. Il mondo interiorizzato dell'esperienza stoica e scettica diviene il mondo dell'assolutamente altro e trascendente (Dio) relativo al misticismo cristiano. La ricerca interiore di sé si compie attraverso la tensione verso Dio, anche se non è possibile alcuna realizzazione, data la condizione finita e mutevole dell'uomo. La coscienza allora si dice infelice proprio perché non riesce a realizzare il proprio desiderio e dunque se stessa.

La ragione è la terza tappa della Fenomenologia

La ragione è la condizione che si afferma quando la coscienza è certa che ogni realtà effettiva non è nulla di diverso da lei.

Si distinguono tre tipi di ragione

La ragione osservatrice	Consiste nel momento in cui la ragione osserva la natura. Sul piano storico essa corrisponde allo sviluppo della scienza moderna che scopre le leggi matematiche del mondo. Il difetto di questo tipo di ragione risiede nel fatto che la ragione finisce per ritrovare se stessa nell'altro, non sviluppando al proprio interno l'attività della consapevolezza.
La ragione attiva	Questa è una fase in cui la ragione è attiva, essa rinuncia alla scienza e sviluppa un sistema di relazioni affettive con altre autocoscienze, cercando di elevare la coscienza a universalità. Le figure di questo passaggio sono: il piacere e la necessità, la legge del cuore, la follia della presunzione, la virtù e il corso del mondo.
La ragione come individualità	La coscienza considera se stessa reale in sé e per sé, come sintesi dei due momenti precedenti (ragione osservatrice e attiva). In questo ultimo contesto, la ragione supera il contrasto Io-Altro e Io-Mondo e si rivolge a se stessa come compenetrazione universale e particolare. In questo ultimo stadio, si determinano tre momenti importanti: la singolarità dell'arbitrio, la ragione legislatrice, la ragione esaminatrice di leggi. Per Hegel il limite della ragione individuale è l'astrattezza.

Lo spirito come ultima tappa della Fenomenologia

Quando il rapporto di identità tra coscienza e mondo è elevato al rango di concetto e quando tale concettualizzazione si realizza concretamente nelle istituzioni e nella storia, la ragione diviene spirito, cioè autocoscienza di sé. Le tappe del processo dello spirito sono tre: eticità, cultura e moralità, dove ad ognuna corrisponde un determinato periodo storico.

La prima fase della dialettica dello spirito coincide con la pólis greca

Il primo momento coincide con l'eticità, corrispondente alla fase storica della classicità. Questa ha il suo culmine nella costituzione della pólis, attraverso la quale il popolo greco ha realizzato la vita etica, cioè la dimensione relativa al bene pubblico nell'immediatezza delle sue istituzioni. Tuttavia, in questa fase tende a riemergere la condizione individuale.

La fase della cultura

La scissione tra individuo e società diviene la condizione di passaggio verso la modernità. Tale condizione raggiunge il suo culmine nell'Europa moderna, in cui la scissione tra individuo e dimensione etica si sviluppa in massimo grado. La ricerca culturale si rivela inutile vezzo intellettualistico, essa è formale e senza scopo. A essa si oppone per contrasto la fede, ossia la ricerca di un altro mondo, data l'inutilità di quello terreno. L'illuminismo recupera la prospettiva razionale ma è ancora contrapposta alla dimensione etica e politica, il cui esito è il Terrore di Robespierre. Le conseguenze della rivoluzione francese affermano una libertà violenta, che non ha limiti e si tramuta in orrore.

La moralità kantiana supera l'astrattismo illuminista

L'ultima fase è quella della riconciliazione morale, ovvero del ritorno in sé della ragione. La morale di Kant supera i limiti della cultura astratta e libertaria dell'Illuminismo, poiché in Kant la legge si interiorizza. Il tema del dovere morale come imperativo categorico e come contenuto coscienziale permette di superare i limiti legati alla cultura. Il rischio però è quello di essere fin troppo consapevole della propria coscienza morale, di evitare così di non agire e di non farsi coinvolgere dagli altri. L'anima bella si pone allora come coscienza giudicante ma non agente, affermando così il dualismo tra azione e riflessione.

La religione è il compimento dello Spirito

Si è giunti alla conclusione del viaggio di formazione della coscienza. La religione è il compimento dello Spirito perché in essa lo spirito prende coscienza di sé e della sua coincidenza con l'assoluto. Tuttavia, l'assoluto si presenta alla coscienza come immagine di Dio e non come concetto. In ciò si manifesta il limite della religione.

Nel sapere assoluto la coscienza giunge al fine del suo percorso

È soltanto con il sapere assoluto che la coscienza supera la dimensione rappresentativa della religione, sviluppando il pieno e compiuto concetto di assoluto. L'autocoscienza allora diviene consapevole dell'assoluto stesso. Essa si determinerà nella forma della logica, della filosofia della natura e della filosofia dello spirito.

Il sistema della scienza

Il sistema della filosofia hegeliana si sviluppa in modo dialettico e triadico. Dialettico significa che a un momento (la tesi) subentra la sua negazione (l'antitesi). Triadico vuol dire che il processo non si conclude con la negazione del primo momento, ma subentra una terza fase, che è sintesi e superamento delle due fasi precedenti. Il sistema della scienza hegeliano si divide in: logica hegeliana, filosofia della natura e filosofia dello spirito.

La logica hegeliana

Per Hegel, la realtà non è separata dal concetto, quindi l'analisi del pensiero nelle sue forme e strutture, oggetto della logica, è anche l'analisi della realtà nelle sue varie forme. La logica quindi non dice nulla di diverso dalla filosofia della natura e da quella dello spirito, semplicemente lo dice in un altro modo. La logica, più specificatamente, si occupa della realtà astratta nella forma del pensiero, ossia come essere, essenza e concetto.

La filosofia della natura

Hegel concepisce la filosofia della natura come momento di esteriorizzazione dell'idea, che si svuota all'esterno, perdendo la consapevolezza di sé. Essa corrisponde al secondo momento della filosofia dell'assoluto e descrive l'idea fuori di sé, per sé, nella forma dell'essere altro da sé. In questo senso, la natura non è qualcosa di diverso dall'idea, ma è l'idea nella condizione dell'esteriorità, quindi priva del concetto di sé. Dato che la natura è partecipe dialetticamente dell'assoluto ma di ciò non ne ha alcuna consapevolezza, essa può apparire come il luogo di relazioni meccaniche e necessarie.

La filosofia dello spirito

La filosofia dello spirito rappresenta il momento di sintesi e massima concretizzazione del processo sviluppatosi dall'idea attraverso la filosofia della natura. Qui la soggettività è intesa come condizione umana, individuale e sociale e infine come manifestazione compiuta del divino. L'idea generale che Hegel presenta è che la dimensione soggettiva esprime la spiritualità come libera e dinamica costituente di ogni realtà. La spiritualità, nella natura, è nascosta dalla confusione che regna nell'esteriorità del mondo fisico, mentre nella condizione umana, essa si riappropria di sé e ne prende progressiva consapevolezza.

La consapevolezza nella socialità

Tale consapevolezza di sé come libera spiritualità è ancora limitata nella dimensione individuale dello spirito soggettivo. Essa diviene più concreta nelle condizioni della socialità, ed esprime se stessa fino in fondo nella filosofia. Quest'ultima, che pensa l'assoluto, è dunque storia dello spirito nel suo evolversi e nel suo concretizzarsi. La filosofia dello spirito si divide in: la filosofia dello spirito soggettivo, la filosofia dello spirito oggettivo e la filosofia dello spirito assoluto.

La filosofia dello spirito soggettivo si occupa della soggettività individuale.	Si articola in antropologia, fenomenologia e psicologia.
La filosofia dello spirito oggettivo si occupa delle forme esteriori dello spirito.	Si articola in diritto, moralità ed eticità.
La filosofia dello spirito assoluto è l'ultimo momento del processo dialettico che rivela la conoscenza del divino.	Si articola nelle forme dell'arte, della religione e della filosofia.