David Hume fu il pensatore antimetafisico per eccellenza. È stato il filosofo che più ha rivalutato i ruoli del sentimento e dell'istinto. Egli credette in una concezione probabilistica e pragmatica del sapere, indagando i limiti dell'intelletto e la natura delle attività mentali.
David Hume nacque a Edimburgo nel 1711, da una famiglia della piccola nobiltà. Tra il 1734 e il 1737 si trasferì in Francia per scrivere il Trattato sulla natura umana. Tornato in patria, non riuscì ad ottenere la cattedra di filosofia morale dell'Università di Edimburgo per l'opposizione degli ambienti ecclesiastici, dovuti al sospetto di ateismo. Nel 1752 venne nominato bibliotecario della Facoltà degli avvocati di Edimburgo. Nel decennio seguente, si dedicò alla stesura di opere storiche, tra cui la monumentale Storia d'Inghilterra. A partire dal 1769, ormai benestante, si ritirò dagli affari pubblici per dedicarsi unicamente alla revisione delle sue opere. Morì il 25 agosto del 1776.
Al centro della riflessione humiana, vi sono l'essere umano e le facoltà del conoscere. Se ogni disciplina scientifica è frutto dell'attività della mente, allora appare imprescindibile lo studio del funzionamento dei limiti di quest'ultima. È importante precisare che Hume non vuole definire che cosa sia la mente, ma descrivere come questa operi e costruisca i propri pensieri. L'obiettivo del progetto di Hume è quello di edificare una scienza della natura umana, poiché non esistono ambiti del sapere che non abbiano relazione con essa.
Le scienze pratiche e quelle teoretiche appaiono simili perché entrambe dipendono dall'ordine della mente e della natura umana. |
La filosofia è una riflessione sul soggetto che pensa, quindi non prende in considerazione la natura metafisica dell'essere umano ma il suo modo di conoscere. |
La filosofia deve essere una critica del linguaggio che spesso fa uso di termini privi di significato. |
Hume, come Locke, parte dalle percezioni, dividendole ulteriormente in impressioni e idee.
Impressioni | Sono le percezioni che si presentano con maggiore violenza e forza. Sono le sensazioni, le passioni, le emozioni nella loro vivacità immediata. |
Le idee | Sono immagini illanguidite delle impressioni, prodotte dalla ragione. Segue che tutte le idee derivano dalle impressioni. |
Per Hume, tutte le idee derivano dalle impressioni, ovvero vi possono essere impressioni senza idee, ma non esistono idee a cui non corrisponda originariamente un'impressione. Dunque, non esistono idee innate e il pensiero ha origine nella sensazione. Secondo il filosofo scozzese, solo il dato sensibile è inconfondibile e chiaro, mentre le idee sono sempre meno vivaci o molto meno chiare, a seconda della distanza dalle impressioni. Infine, le impressioni arrivano in modo separato e distinto ed è la mente a unificarle, mediante certe regole.
Le impressioni di sensazione | Scaturiscono nell'anima da causa ignote. Secondo Hume, infatti, ciò che trascende la natura umana e quindi anche la sua anima, è ignoto e inconoscibile. |
Le impressioni di riflessione | Scaturiscono dalle idee e si formano a partire dal seguente ragionamento. Da un'impressione di sensazione che fa percepire il caldo, si forma un'idea di caldo. Quando si forma questa idea, si sviluppa l'impressione di riflessione, cioè il desiderio o l'avversione nei confronti del caldo. Da questa impressione si costituisce un'idea di riflessione. |
Secondo Hume, le impressioni possono ripetersi nella mente più volte, sotto forma di idee. Ciò può accadere mediante due diverse facoltà della mente: la memoria o l'immaginazione. Attraverso la memoria, una certa impressione si ripete nella mente, tramite le idee che conservano un certo grado di vivacità originaria. Attraverso l'immaginazione, invece, l'impressione è ripetuta in modo molto più sfocato e distante dall'impressione originaria. Di conseguenza, si può ammettere che la memoria è maggiormente vincolata all'impressione originaria, mentre l'immaginazione è libera e può anche generare idee molto distanti dall'impressione originaria.
Hume approfondisce l'immaginazione, concependola come la vera e propria attività del pensare. Essa stabilisce le connessioni tra percezioni e sembra agire in base a un principio di associazione. Infatti, secondo Hume, le idee sono attratte tra di loro da una forza che rende conto della regolare compresenza di alcune idee semplici. Il principio di associazione è una tendenza connaturata alla mente umana.
Somiglianza | Ad esempio, l'idea di un particolare ritratto spinge a pensare all'idea della persona ritratta. |
Contiguità spazio-temporale | Ad esempio, le idee del Colosseo e della basilica di San Pietro si associano a Roma. |
Relazione di causa ed effetto | Ad esempio, se si pensa al figlio, si tende a pensare anche alla madre. |
Secondo Hume, la conoscenza è sempre un'operazione con cui si stabiliscono relazioni. Per il filosofo scozzese occorre dunque distinguere tra relazioni tra idee e relazioni tra dati di fatto.
Le relazioni tra idee mostrano ciò che è o non è logicamente concepibile. Ad esempio, è concepibile che 2 + 2 sia uguale a 4. Le verità di queste proposizioni dipendono dal fatto che concernono idee che non ammettono il contrario. Le relazioni tra idee sono sempre vero o sempre false, a seconda del rispetto o meno del principio di non contraddizione. Inoltre, tali relazioni sono pure operazioni del pensiero, infatti i teoremi di Euclide sarebbero ugualmente veri, anche se in natura non vi fosse alcun cerchio o triangolo.
Le relazioni tra dati di fatto non escludono, a differenza di quelle tra idee, il proprio contrario. Pensiamo all'affermazione "domani sorgerà il Sole": è un evento fisico, di cui può sempre verificarsi il contrario. Infatti, l'affermazione "domani sorgerà il Sole" non può essere smentita, fino a che l'indomani non sia sorto il Sole. Di conseguenza, si può ammettere che le relazioni di dati di fatto sono probabili e non indiscutibilmente certe.
La contiguità nel tempo e nello spazio | Quando il moto di A segue immediatamente il moto di B, che avviene per contatto. |
La precedenza della causa rispetto all'effetto | La quale stabilisce la priorità temporale della causa sull'effetto. |
La congiunzione costante fra causa ed effetto | Ogni oggetto simile alla causa produce sempre qualche oggetto simile all'effetto. |
Dopo aver svolto delle considerazioni importanti sulla relazione causale, Hume introduce il concetto di abitudine. Egli afferma che quando si vede una palla da biliardo che si muove verso un'altra, la mente viene immediatamente portata dall'abitudine, all'effetto consueto, anticipando la vista, e concependo la seconda palla in movimento. Secondo Hume, però, non vi è nulla nelle palle da biliardo, considerate separate dall'esperienza, che porti a formulare una simile conclusione. Di conseguenza, egli afferma che non è il ragionamento ma la ripetizione dell'esperienza, e dunque vedere la palla A muovere la palla B, che induce a pensare al movimento di B da A.
Ora, dato che il rapporto tra la palla A e la palla B non si spiega né con la capacità mentale razionale e nemmeno con un ragionamento di tipo probabilistico, la relazione di causalità deve derivare dall'abitudine. Hume stabilisce che la fiducia umana che le relazioni causali abbiano una continuità nel tempo e che il mondo sia retto da regole costanti si spiega soltanto partendo da una attitudine della mente che riguarda il sentimento.
Sul piano razionale, nulla autorizza a pensare che quanto è accaduto fino adesso si ripeterà necessariamente in futuro. Però, gli uomini riescono a crederci: questo fenomeno prende il nome di credenza. Questa consiste in un modo di concepire le idee come se fossero impressioni, ovvero come se si manifestassero in modo chiaro, forte e vivace. La credenza è paragonata a una "dolce forza" (gentle force) che consente una concezione più netta e vivace di un'idea, senza aggiungere altro. Ecco perché si può sapere che la palla A muoverà la palla B, anche se nulla, dal punto di vista razionale, lo può rendere certo. In questo evento, è come se si avesse davanti agli occhi l'impressione dell'evento causale, prima ancora che ciò accada.
Hume critica la metafisica sostanzialistica, affermando che il mondo, come l'uomo riesce a rappresentarselo, è il prodotto di un'elaborazione della mente. Allora il mondo consiste in una collezione di impressioni e idee, organizzate dalle regole e dai principi dell'immaginazione: esso non può avere alcuna consistenza né materiale né spirituale. Di conseguenza, è assurdo pensare gli oggetti e i soggetti come enti che esistono al di là delle impressioni.
Non solo il mondo non è autonomo rispetto alle rappresentazioni della mente, ma neanche l'io. Quest'ultimo, infatti, non è altro che l'esperienza del flusso delle percezioni della mente. Ciò che chiamiamo "io" non trova alcun corrispettivo nelle impressioni, ovvero non esiste un'impressione del soggetto. Si può definire l'io, piuttosto, come ciò a cui fanno riferimento le impressioni e le idee. Ma quando si smette di percepire, afferma Hume, ad esempio nel sonno, si resta senza coscienza di se stessi. In conclusione, si può sostenere che l'identità derivi dalla connessione di idee, e tale congiunzione non è stabile e definitiva ma cambia negli anni. Secondo il filosofo scozzese, allora, non esiste alcun soggetto, al di là del fascio di percezioni che lo compongono.
Sotto molti aspetti, si può definire la filosofia humiana scettica. Egli, infatti, parte dall'idea che non esista conoscenza al di là della percezione. Ma essendo quest'ultima instabile ed evanescente, nulla può dirsi di definitivo a proposito degli enti metafisici (come Dio, materia, pensiero). Allo stesso tempo, però, non si può considerare Hume un scettico radicale. Più specificatamente, egli si limita a constatare che non la ragione, ma l'abitudine e la credenza, siano i fondamenti della costituzione ordinata del mondo. Quindi, proprio perché egli indica una strada alternativa alla spiegazione del problema della causalità, Hume non sospende il giudizio sulla possibilità della conoscenza.
Secondo Hume, il bene e il bello sono relativi e contestuali. Il sentimento del bene dipende da una facoltà mentale che egli chiama "simpatia". Il senso del gusto, analogamente, deriva da una predisposizione universale dell'animo umano.
Simpatia | È una predisposizione dell'animo umano a condividere con gli altri i propri sentimenti e giudizi. Ne consegue che, pur non avendo prove che gli altri provino sentimenti simili ai propri, si tende a concepire il proprio sentire come universale. Ciò è, secondo Hume, a fondamento della socialità. |
Gusto | Il sentimento del bello dipende dai contesti culturali e sociali. Tuttavia, analogamente a quanto si può dire per il bene, anche il sentimento del bello e il criterio del gusto a esso connesso sono qualcosa di condiviso dagli esseri umani. Ciò significa che, pur mutando l'idea di bello, il criterio del gusto caratterizza universalmente l'animo umano. |
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Organizzare i contenuti dell'intelletto, ovvero le percezioni.
Somiglianza, contiguità spazio-temporale e relazione di causa ed effetto.
Dalla simpatia, una facoltà mentale predisposta a condividere i propri sentimenti e giudizi.