I princìpi di equivalenza
Le equazioni equivalenti
Sono dette equivalenti due equazioni che, definite nel medesimo insieme e contenenti le stesse incognite, hanno lo stesso insieme delle soluzioni.
Ricorda: tale relazione di equivalenza gode della proprietà riflessiva, transitiva e simmetrica.
Esempi
Le equazioni 12(x+2)=12 e x3+3=2 hanno entrambe risultato x=−1, dunque sono equivalenti.
Le equazioni x2−1=3 e 7x+3=17 hanno due soluzioni diverse in R, rispettivamente x=2,−2 e x=2. Questo implica che, nell'insieme R, non sono equivalenti.
Nota bene: considerato N come dominio, l'insieme delle soluzioni della seconda equazione si riduce a x=2 perché x=−2 non è un numero naturale, perciò le due equazioni si possono definire equivalenti in N.
Il primo principio di equivalenza
Aggiungendo o sottraendo ambo i membri dell'equazione lo stesso numero o la stessa espressione letterale, definite nello stesso insieme dell'equazione, si ottiene un'equazione equivalente.
Nota bene: il primo principio si può applicare solamente se l'espressione letterale addizionata o sottratta soddisfa le condizioni di esistenza dell'equazione stessa.
Esempio
L'equazione 5x=10 ha soluzione x=2.
Sommando ad entrambi i membri 5 si ottiene 5x+5=15 la cui soluzione è sempre x=2. Dunque, per il primo principio di equivalenza, le equazioni 5x=10 e 5x+5=15 sono equivalenti.
Nota bene: è importante che l'espressione che si va ad aggiungere abbia delle condizioni di esistenza che non escludono la soluzione.
Esempio
L'equazione 3x=12 ha soluzione x=4.
Provando a sommare x−41 ad ambo i membri, bisogna tenere conto della condizione di esistenza x=4 della frazione. Questa condizione compromette il risultato dell'equazione di partenza, che era esattamente x=4. In conclusione, non si può dire che le equazioni 3x+x−41=12+x−41 e 3x=12 siano equivalenti.
Utilizzo
Il primo principio di equivalenza è fondamentale nella risoluzione delle equazioni.
Esempio
9x−3=5x+1→9x−3+3=5x+1+3→9x=5x+4→9x−5x=5x−5x+4→4x=4→x=1
Grazie ad esso, è possibile trasportare un termine da un membro all'altro, purché gli si cambi il segno, ottenendo un'equazione equivalente.
In formule: P(x)=B(x)+a ≡ P(x)−a=B(x).
Esempio
6x+2=4 è equivalente a 6x=4−2.
Inoltre, quando entrambi i membri contengono lo stesso termine questo può essere eliminato: sarebbe come sottrarre/sommare per lo stesso numero ambo i membri.
In formule: P(x)+a=B(x)+a ≡ P(x)=B(x).
Esempio
9x+5=18+5 è equivalente a 9x=18.
Secondo principio di equivalenza
Moltiplicando o dividendo ambo i membri dell'equazione per la stessa espressione numerica o letterale, definita all'interno dello stesso insieme dell'equazione, si ottiene un'equazione equivalente.
Nota bene: non è possibile dividere per il numero 0 altrimenti si otterrebbe un denominatore nullo che non è definito. Parallelamente, moltiplicare per 0 è possibile ma inficia l'ottenimento dell'equivalenza tra le due equazioni.
Esempio
43x=12 ha come soluzione x=16. Moltiplicando ambo i membri per 4 ottengo: 3x=48 il cui risultato è sempre x=16.
D'altra parte, provando a moltiplicare per 0 otterrei 43x⋅0=12⋅0 ossia 0=0 che chiaramente non è equivalente all'equazione di partenza.
Utilizzo
Se tutti i termini dell'equazione sono caratterizzati dalla presenza di un fattore comune, dividendo ciascun termine per quel fattore si ottiene un'equazione equivalente.
Suggerimento: se un'equazione ha uno o più coefficienti frazionari, è possibile sommarli e poi moltiplicarli per ridurli a un coefficiente intero.
Esempi
In 4x−24=16x ogni termine è divisibile per 4, dunque è possibile ottenere l'equazione equivalente x−6=4x.
31x+2=21x→31x−21x=−2→62x−63x=−2→62−3x=−2→−61x=−2
Moltiplicando per −6 ambo i lati si ottiene x=12.
Inoltre, il secondo principio permette di ottenere un'equazione equivalente cambiando il segno a tutti i termini di ambo i termini di un'equazione, moltiplicandoli per −1.
In formule: A(x)=B(x) ≡ −A(x)=−B(x).
Esempio
4x−5=7x+3 equivale a −4x+5=−7x−3.